Continua la raccolta di riflessioni ,degli ultimi eventi ,vista da un addetto ai lavori che siamo certi considerare un esperto nel campo dell ‘organizzazione e della cultura politica -Giovanni Monchiero

Giovanni Monchiero

Non c’è niente da capire

11.gennio 2021

“Doveva essere l’Epifania di Biden, il 6 gennaio 2021, con il Congresso chiamato a convalidare formalmente il voto dei 538 Grandi Elettori che il  14 dicembre avevano portato a Washington i voti presidenziali dei singoli stati : 306 per Biden, 232 per Trump.

E’ stata invece l’estrema manifestazione di follia di Donald Trump, miliardario discusso, di dubbia moralità pubblica, diventato Presidente  cavalcando l’antipolitica che nell’ora di lasciare la carica ha passato il Rubicone dell’antidemocrazia.

Non si era mai visto che il Presidente degli Stati Uniti d’America contestasse per due mesi l’esito delle elezioni perse  in modo netto seppure inferiore alle attese: 7 milioni di voti popolari, tradotti in 74 voti presidenziali non sono una differenza irrilevante .

Che il Presidente della più antica democrazia del mondo, che accentra in sé le funzioni di Presidente della Repubblica e Capo del Governo,  accusi di brogli l’opposizione appartiene alla sfera della comicità.

Che, poi, dia la sensazione di crederci davvero e  ingolfi i tribunali di ricorsi capziosi, tutti rigettati; che invochi, inascoltato,  l’aiuto dei Governatori repubblicani affinché gli riconoscano ( in che modo ?!) i voti che gli mancano;   che si rivolga, invano,  alla Corte Suprema, a netta maggioranza di giuristi repubblicani, per cambiare l’esito delle elezioni;  che di gradino in gradino scenda  la scala del delirio fino a vedersi smentito dai familiari e dai più stretti collaboratori; tutto ciò  appartiene alla tragedia dell’uomo solo, non più al comando, un Re Lear dei nostri tempi.

Ma che, risultati vani tutti i percorsi legali, si rivolga direttamente ai suoi sostenitori e li inciti ad occupare il Parlamento, lasciato colpevolmente senza adeguata protezione, per impedire lo svolgimento della seduta convocata per proclamare Presidente il suo avversario, esce dall’ambito individuale e diventa un enorme fatto politico che minaccia l’esistenza stessa della democrazia.

Tutti i leader  del mondo, compresi i tiranni, disapprovano. Le parole più nette  le pronuncia, come sempre, Angela Merkel, che alle grandi doti personali accomuna  l’esperienza di essere nata sotto una dittatura: come ci hanno insegnato i nostri padri, aiuta ad amare la democrazia. Parole semplici e chiare : “Trump è responsabile dei disordini perché non ha accettato l’esito delle elezioni” .

Nel nostro piccolo e mal frequentato cortile, le fa eco Berlusconi che, negli ultimi tempi, sembra quasi uno statista. Non ha dubbi nemmeno Salvini, trumpiano di ferro, ma non sino a seguirlo nell’assalto al Parlamento. Ignora la sostanza dei fatti la Meloni in un generico appello contro la violenza. Parla anche il premier Conte, il Galleggiatore,  ma a modo suo, senza dire nulla: è l’unico che riesce a commentare i fatti di Washinton senza nominare Trump, conquistando una sorta di record mondiale della reticenza.

E poi ci sono gli intellettuali che vogliono aiutarci a capire tutto. C’è Cacciari preoccupato per la censura dei gestori delle reti “social” che hanno silenziato Trump. C’è un bell’articolo di Fabrizio Barca, economista di livello, ex Ministro, che spiega i mondi variegati e difficili da cui provengono i sostenitori di Donald Trump. Tutto giusto, tutto condivisibile, ma decisamente fuori tempo. Questi argomenti erano buoni per spiegare la vittoria su Hillary Clinton, non i fatti del 6 gennaio.  A  proposito, nel 2016 si registrò lo stesso scarto di voti presidenziali, con la differenza  che Hillary  ottenne tre milioni di voti popolari in più di Trump, eppure accettò immediatamente la sconfitta.

L’ascesa di sentimenti di diffidenza verso le istituzioni democratiche in tutto l’occidente ha molte cause che è importante studiare, approfondire, magari anche per suggerire ai governanti politiche di sostegno agli emarginati. Politologi, economisti,  sociologi e  filosofi ci si possono sbizzarrire, credo per anni.

Ma oggi no. La democrazia si fonda sull’accettazione delle regole che la comunità si è data per consentire a qualcuno di governare e sul rispetto delle istituzioni che ne derivano.  Le regole si possono aggiornare, ma non violare, specie da parte dei governanti.

A Washington è stato commesso un crimine. L’immagine  pittoresca delle migliaia di Jake Angeli ( radici nostrane ancorché travestito da stregone Sioux )  che l’hanno eseguito non deve distogliere l’attenzione dal mandante.  

 Che ha un nome e un cognome e non può cavarsela con un impeatchment primaverile e restare sostanzialmente impunito. Ci vuole una sanzione esemplare, se vogliamo che questi fatti non accadano più.”

Utopia e disincanto

15 febbraio 2021

 

“Venerdì sera, mentre Draghi leggeva dal Quirinale l’elenco dei ministri, ero dapprima incredulo, poi profondamente deluso.  Sembrava di essere tornati alla prima repubblica, con la puntuale applicazione del manuale Cencelli.

E’ pur vero che la prima repubblica, dopo decenni di “damnatio memoriae”, appare in confronto alla politica di questo malnato millennio, una sorta di Eden della democrazia rappresentativa, ma il ritorno alla tecnica del bilanciamento, nel governo, delle rappresentanze dei partiti della maggioranza e delle loro numerose correnti,  non è quel che ci si attendeva da Mario Draghi.

Speravamo in qualcosa di diverso noi che avevamo auspicato prima, e invocato poi,  un “Governo del Presidente” per tirarci fuori dal pantano del Governo Conte e dare una benefica scossa alla politica, prigioniera dei social, impegnata a blandire gli umori peggiori dell’elettorato, incapace di esprimere visione di governo.

Sognavamo in questa piccola utopia ( così la definì un amico lettore) che, dall’alto della sua competenza, Draghi risolvesse i problemi economici conseguenti alla pandemia, ottenendo i fondi europei e spendendoli saggiamente, e che, dall’alto della sua autorevolezza, trovasse il modo di affrontare i problemi del paese ridando ai cittadini il senso di appartenenza alla casa comune e alla politica il senso del dovere di appoggiare le scelte, necessarie, del governo.

A tanto ottimismo ci autorizzavano la fermezza di Mattarella nel gestire la crisi e portarla alla soluzione migliore e la serietà di Draghi nell’accettare l’incarico e nel condurre le consultazioni. Mirabili, sebbene non inattesi, i suoi silenzi; quasi inconcepibili quelli dei suoi interlocutori che, uscendo dalla sala della  Regina, tutt’al più dichiaravano che il Presidente incaricato li aveva ascoltati con attenzione.

Che, dopo tanta compostezza, il Governo di salvezza nazionale risultasse composto da otto tecnici  e quindici politici, di cui otto già ministri nel precedente governo ( ma non era uno dei peggiori della storia ? ), accuratamente distribuiti secondo il celebre manuale risalente a più di mezzo secolo fa, costituisce una delusione oggettiva. Auspicavamo un governo al di sopra dei partiti e ci ritroviamo con un governo di unità nazionale in cui sono quasi tutti presenti ed equamente rappresentati.

Subito si sono levate voci a lamentare una insufficiente presenza femminile. Tema, a mio parere,  irrilevante, su cui, però,  aveva particolarmente insistito il segretario PD, Nicola Zingaretti. Dettaglio ilare : il PD conta nel governo  tre ministri, tutti di sesso maschile. All’insaputa del segretario ?

Anche il primo atto del Governo, il rinvio dell’apertura degli impianti sciistici, a poche ore dal termine prestabilito, appartiene alla peggiore abitudine del precedente: decidere tardi e male, dopo aver fino all’ultimo illuso le categorie interessate.

Sono certo che Draghi riuscirà a invertire la rotta nei rapporti fra Stato e cittadini. Così come saprà risolvere i problemi economici,  mettere mano anche a qualche riforma da tempo attesa e poi, magari,  tenere, dal Quirinale, una mano sulla testa ai futuri governi di questa povera Italia.

Ma la scossa al Parlamento non c’è stata. Semplicemente si è costruita una nuova maggioranza, con qualche defezione tattica a destra, forti maldipancia   nei 5 stelle, qualche crisi di coscienza a sinistra . I soliti riti della solita politica, senza età.”

 

La fede nella scienza

8 aprile 2021

“La passione con cui molti scienziati insistono nel dire che nel vaccinarsi i benefici sono di gran lunga superiori ai rischi, mi suscita apprensione . Mi capita sempre quando sento proclamare l’ovvio.

Non sono molte, infatti,  le attività umane per le quali si possa affermare contrario.  Direi  il volo con la tuta alare, la roulette russa o l’abuso di tabacco, alcool e droghe, ma anche in questi casi chi le pratica prova un’emozione per la quale ritiene giusto giocarsi la vita. Per il resto,  non mi pare che le statistiche degli incidenti stradali scoraggino molti dal viaggiare in automobile o che la frequenza degli incidenti domestici abbia suggerito a qualcuno di vivere all’addiaccio.

Quasi tutto ciò che comunemente facciamo ci procura beni, comodità o soddisfazioni ben superiori al pericolo di arrecare danno alla nostra salute. E questo principio vale anche per i farmaci, qualsiasi farmaco. In questi giorni molti hanno scherzato con i bugiardini, che contengono un elenco di sventure peraltro contrassegnate da minimi tassi di probabilità. Ma nessuno, leggendo quei testi sgradevoli ed oscuri, viene indotto ad abbandonare la medicina cui si è da tempo assuefatto e ben pochi a buttare nei rifiuti il nuovo farmaco  prescritto dal medico di fiducia.

Perché dunque insistere su questo concetto, del tutto scontato? Perché farlo, in particolare, nel caso del vaccino di AstraZeneca ? Forse perché dopo l’ultima presa di posizione dell’EMA, diversa da quella solenne di venti giorni fa,  non può che crescere le perplessità di tutti, scienziati compresi.

Persino Garattini, un mito della farmacologia, nel ribadire che il vaccino è sicuro ha aggiunto che “è nato male”. Modo di dire popolare che ben si adatta al caso di specie. AstraZeneca è arrivata dopo, dichiarando tassi di efficacia inferiori a quelli dei concorrenti, il 60% conto il 92%”. Dato poi corretto con la precisazione che anche quel 40 che potrebbe ammalarsi lo farà in forma lieve e non pericolosa. Prudentemente l’AIFA si orientò ad utilizzare AstraZenaca solo per i cittadini di età inferiore ai 55 anni, e a vaccinare gli anziani con i prodotti di Pfizer e Moderna.

Poi vengono segnalati i primi casi( pochissimi)  di trombosi e l’Italia, con i maggiori paesi europei, sospende il vaccino sino al già ricordato intervento dell’EMA. Ieri giunge l’ulteriore, diversa precisazione dell’agenzia europea e qualche paese rinuncia ad utilizzare AstraZenaca. L’Italia  decide di utilizzarlo non più per i giovani, ma solo per gli ultrasessantenni, esattamente l’opposto di quel che avveniva sino ad un mese fa.

Quando, prima o poi, vaccineranno anche me – settantacinquenne – non rifiuterò il vaccino di AstraZeneca, ma il mio sentimento prevalente non sarà di certo l’entusiasmo.    

A proposito di perplessità, date un’occhiata a questi dati. Il 3 maggio 2020, domenica, sono morte di Covid 174 persone, il successivo 6 maggio, mercoledì, i morti sono stati 369, più del doppio. Questa tendenza è costante nel tempo. Domenica 29 novembre, in pieno picco, 541 morti, giovedì 3 dicembre 993; il 26 dicembre, S., Stefano, si sono contati 261 morti tre giorni dopo 659;  domenica 3 gennaio i morti sono stati  347, il venerdì successivo 620, per tornare a 361 la domenica ; il 5 aprile, pasquetta 261 morti, ieri, mercoledì, 627.

Esiste una spiegazione scientifica di questo singolare fenomeno ? O semplicemente una parte dei morti dei giorni festivi li contiamo a metà settimana ? Il che, onestamente, non depone a favore della credibilità dei nostri dati scientifici.

Credo quia absurdum” diceva Tertulliano, ma non è annoverato fra i precursori della scienza.”

COLLISIONI

19 aprile 2021

“La coda, lunghissima, va ben oltre la copertura predisposta  dalla Protezione Civile e si perde nello sfondo sovrastato da nubi gonfie di pioggia. Sono gli ultrasessantenni siciliani che hanno colto l’opportunità di vaccinarsi con AstraZeneca. “Un successo le iniezioni senza prenotazione” – intitola il Corriere, quotidiano non  sospettabile di simpatie sudiste.

Una coda lunga ed ordinata è certo un bel vedere nel paese in cui mettersi in fila è considerata una “deminutio capitis”, come si diceva ai tempi in cui cominciammo ad odiare le code. Ma, fuori da questa prospettiva, il rinunciare a gestire prenotazioni per tornare al “fai da te” della presenza fisica, nel terzo decennio del XXI secolo, in uno Stato dell’occidente  che vanta  un Ministero della “Innovazione tecnologica e transizione digitale”, può essere considerato un successo?  E, dal punto di vista sanitario, sta mietendo davvero un successo un’autorità pubblica che non tiene in alcun conto i disagi cui costringe i concittadini anziani, in  una piovosa  giornata di questa fredda primavera,  pur di migliorare le proprie statistiche in materia di vaccinazioni ?

E’ lo scontro permanente fra la realtà e la sua rappresentazione,  fra il dovere e la lamentazione, fra il “particulare” ed il bene comune.  Basta scorrere il giornale di oggi per raccoglierne ampia casistica.

“Non siamo pronti”- dichiarano i Presidi di fronte alla annunciata riapertura delle scuole e si tratta, ovviamente,  di un plurale riferito non alla categoria ma a tutto il mondo della scuola. Era già successo tra settembre e ottobre, dopo la lunga chiusura anti-pandemia attuata in tutta Italia. Anche allora lamentarono carenze e inadempimenti. . E il fenomeno si è ripetuto a gennaio, quando alcune regioni si stavano predisponendo a riaprire. Una costante, insomma.

Sorge spontaneo il dubbio che  non sia questo il mondo della scuola sceso reiteratamente in piazza  a protestare per il vulnus arrecato agli studenti, privati dell’insegnamento e della opportunità di socializzare con i compagni;    alle famiglie, costrette ad inventare nuovi equilibri interni per gestire una presenza non usuale; a tutto il paese che ha perduto un anno di crescita culturale delle nuove generazioni, la sua risorsa più preziosa.   E viene da pensare che provenissero  da chissà  quale mondo avulso dalla realtà gli intellettuali che hanno affollato studi televisivi, pagine di giornali e social di ogni genere per illuminarci sulla sacralità della scuola e sulla aberrazione pedagogica costituita dalla famigerata didattica a distanza.

E adesso che la protesta ha ottenuto l’effetto sperato, che il mondo della scuola può, finalmente,  riprendere la navigazione verso il futuro, i comandanti delle navi della immensa flotta ci dicono che non sono pronti. E’ passato più di un anno. Non sono pronti. Ed hanno anche il coraggio di dirlo.

Poi ci sono gli altri, quelli in conflitto permanente con il resto del mondo. I No-Vax,  No-Tav, che sabato scorso hanno bloccato l’autostrada nei paraggi di Susa, e, con loro, tutti i sostenitori del “ Non nel mio giardino”. In nome di questo principio si contestano oleodotti, discariche, inceneritori, rigassificatori, autostrade, ferrovie, ponti, aeroporti e qualsiasi opera pubblica.

La pandemia ha portato ai vertici della popolarità negazionisti e no-vax che, sempre sabato, hanno dato vita ad alcune manifestazioni, tra cui una, davvero fuori luogo, a Bergamo. In piazza del Duomo a Milano l’assemblea era presieduta dal medico Mariano Amici che ha invitato a non partecipare “alla roulette russa del vaccino”.

Un medico che nega l’utilità dei vaccini è come un ingegnere che ritenesse superfluo l’inserimento dei tondini di ferro nel cemento armato. Gli ingegneri, si sa, hanno una formazione molto legata ai dati oggettivi, poco portata al negazionismo. Ma se qualcuno decidesse di fare il grande passo e di fondare un movimento “No-Fer”, immediatamente – siatene certi – potrebbe contare su migliaia di followers.    

Questa è la misura del successo. E il successo, nel nuovo millennio,  è la misura di tutte le cose.”

Discorsi da bar

23 aprile 2021

Ironizzavo, lunedì scorso, sui presidi che si scoprivano non pronti a riaprire le scuole. Non sono stati lasciati soli. A loro sostegno sono intervenuti sindacalisti, sindaci, presidenti di regione, tutti a lamentare che le aule sono affollate e che mancano gli autobus per i trasporti. Lasciamo stare i sindacalisti, per i quali  la lamentazione costituisce una “mission”; con chi si lamentano, dopo un anno di riflessioni,  Presidenti di Regione e Sindaci metropolitani ? Da chi dipendono le aziende che gestiscono i trasporti ? Chi le finanzia ?

Mentre le scuole aprono a singhiozzo, il governo si divide sul coprifuoco. La maggior parte dei ministri sta con Draghi, che segue Speranza, che  segue il CTS,  e decide di lasciarlo alle 22. Salvini vuol mettere il cappello sulle 23, obiettivo politico identitario, e i ministri della Lega si astengono dal voto. Memorabile avvio per la stagione del rilancio, animata da patriottismo unitario.

Qui si impone qualche perla di saggezza ricavata dai discorsi mattutini con gli amici al bar.  Rigorosamente all’aperto ( con il sostegno di un caffè da asporto), tutti con mascherina di ordinanza, a distanza di sicurezza. Ebbene noi, anonimi sapienti del mattino, proporremmo per le scuole di tenere metà degli alunni in classe e metà a casa, in Didattica a Distanza,  a turni settimanali. Come per incanto, le aule diverrebbero subito spaziose e gli autobus capienti, con accettabili livelli di sicurezza.

Di già che ci siamo, avremmo qualche cosa da dire anche sull’apertura dei locali alla sera, esclusivamente all’aperto. Sembrerebbe un favore fatto al Sud. Ma il mantenimento del coprifuoco alle 22 esclude la malizia. Da Roma in giù, alle ventidue ci si siede a tavola, non si rientra a casa.

E’ questa una delle apparenti contraddizioni  che, dall’inizio della pandemia, hanno segnato le decisioni del Comitato Tecnico Scientifico, molte delle quali suonano stravaganti anche ai più convinti sostenitori della linea della prudenza.  Nei nostri dibattiti mattutini, noi, prudentissimi avventori del Caffè del Teatro, ci siamo spesso domandati per quale ragione le regole anti-contagio che valgono in una panetteria non possano trovare applicazione in un negozio di abbigliamento, costretto alla chiusura,  o perché, in un mercato rionale all’aperto, ai venditori di scarpe sia vietato aprire il proprio banco e ai pescivendoli sia concesso.  E poiché tali disposizioni provengono non tanto dalle istituzioni politiche – verso le quali noi, sabaudi, siamo per cultura molto comprensivi – quanto dai tecnici chiamati a supportarle, qualche dubbio sulla oggettività della scienza comincia a serpeggiare anche qui.

La pandemia ha fatto vacillare molte certezze. Per offrire un ulteriore argomento di discussione sottopongo agli amici una tabella sulla mortalità Covid nelle regioni italiane.  I numeri sono aggiornati a ieri l’altro, i dati, che potete leggere in calce, scuotono una delle nostre granitiche convinzioni: che in sanità vi siano differenze enormi da regione a regione e che quelle del Nord, Lombardia in testa, offrano servizi di gran lunga migliori. 

Il Covid sembra avere spazzato ogni pregiudizio e gettato un’ombra sulle tecniche di valutazione. Da qualsiasi punto la si guardi, qualsiasi indicatore validato si utilizzi, la Calabria è, da anni, la regione che offre i servizi di qualità più bassa. Ebbene l’indice di mortalità da Covid è circa un settimo di quello della Valle d’Aosta – che conquista il non ambito primato – e meno di un sesto di quello della Lombardia.

Da nordisti moderati ed ecumenici non ci lasciamo neppure sfiorare dal dubbio che la maggiore diffusione del virus in Padania sia da attribuire ad una congiura di poteri occulti, a guida sudista, che abbia sparso il contagio in modo fraudolento per vendicarsi dell’arroganza Longobarda.   Inimmaginabile. E allora ?

Si sarebbe portati a pensare che il clima abbia influito sul risultato finale più dei saperi, dei lockdown, dei farmaci e delle tecnologie.  Il giudizio rimane sospeso. Urge il parere di qualche scienziato.”

Morti  per 100.000 abitanti al 23 /3/2021

 

Regno Unito                 189

Italia                              176

U.S.A.                            164

Portogallo 163

Spagna 156

Brasile 140

Francia 138

Belgio 130

Polonia 128

Svezia 128

Romania 113

Olanda 93