Non solo cattiva comunicazione di Giovanni Monchiero nella sua riflessione settimanale
Non solo cattiva comunicazione
La stagione (cortissima) degli entusiasmi vaccinali culminati negli “open day” e nelle notti bianche, fino alle proposte di premiare i vaccinandi più giovani con una birretta o una “canna” (la trovata viene dalla California, locomotiva del progresso) si è bruscamente interrotta di fronte alla morte di una diciottenne vaccinata con AstraZeneca. La connessione causale è tutta da provare, ma quella temporale basta e avanza per suscitare ripensamenti.
Si attende per oggi un nuovo pronunciamento del CTS sull’uso del vaccino anglo-svedese. Speriamo che sia l’ultimo. Le indicazioni ondivaghe su questo farmaco sono state spesso liquidate come carenze di comunicazione, ma è una lettura che non basta a spiegare i fatti. Prima si disse che AstraZeneca garantiva una copertura inferiore rispetto a Pfizer e Moderna, per cui era preferibile non utilizzarlo per le categorie più a rischio e destinarlo ai più giovani. Di fronte alle prime segnalazioni di trombosi (1 caso su 100.000, probabilità comunque bassissima) si è sospeso per qualche giorno, per poi riprendere a indicazioni invertite: ottimo per gli anziani, sconsigliato ai giovani. I progressi della campagna vaccinale hanno indotto molti a ignorare il timido pronunciamento dell’AIFA, e a farne largo uso in tutte le fasce di età, sino ai fatti di oggi.
Vedremo quel che dirà il CTS, ma prima di discutere su come la Scienza parla, è bene interrogarsi su quel che la Scienza sa. Non che i tecnici della materia siano stati sempre prudenti e coerenti nel comunicare. Molti di loro, assurti all’inedito ruolo di star televisive, hanno moltiplicato le loro presenze travolti dalla smania di consolidare la isperata popolarità. E tante parole, spesso deliberatamente contrapposte a quelle dei colleghi-rivali, hanno contribuito a creare confusione. Ma la diversità di opinione era legittimata dall’incertezza del sapere.
La serie di giravolte di EMA, AIFA, Comitati tecnici e Governi è figlia, innanzitutto, della mancanza di conoscenze certe che solo il tempo, con una lunga serie di verifiche, può dare. Si è andati di fretta, ed era giusto così. Ma tra i molti dubbi che, su tanti dettagli, dividevano la comunità scientifica, toccava alla politica decidere con prescrizioni nette.
Qualcuno l’ha fatto. La Gran Bretagna, approfittando della disponibilità del vaccino, ha scelto di perseguire al più presto l’immunità di gregge e in pochi mesi è passata dal tasso di mortalità più alto del mondo fino allo “zero vittime” raggiunto per prima in Europa. La Danimarca ha semplicemente deciso di non correre rischi e di non inoculare vaccini a vettore virale. La Germania, dopo il celebre semi-pronunciamento dell’EMA, ha utilizzato AstraZeneca e J&J solo per gli anziani, senza eccezioni, alla tedesca. Ognuno di questi Stati, dal suo punto di vista, ha avuto ragione.
Da noi, lo Stato è troppo articolato per essere riconosciuto come uno. Approfittando delle “interpretabili” indicazioni di AIFA e CTS, ogni Presidente di Regione, nella fregola di superare in curva il vicino, ha inventato una sua soluzione riuscendo anche nell’impresa di eludere gli sforzi di coordinamento del generale Figliuolo.
Chi ha stabilito record di qua, che è arrivato primo di là, chi ha fatto il gioco delle tre carte. Nel frattempo si è scoperto che gli ultrasessantenni non ancora vaccinati si contano a milioni e, di certo, non sono tutti no-vax. Evidentemente nella interconnessione fra le troppe priorità annunciate sì è creato lo spazio di una moltitudine di omissioni.
Il caso di Sestri Levante, si diceva all’inizio, ha rallentato la fretta dei giovani di partire vaccinati per le vacanze, e provocato turbamento a qualche governatore che teme di finire sul registro degli indagati.
Questa tendenza a rimandare tutto alle aule giudiziarie merita più di un ripensamento. Ma, in attesa di tempi migliori, il Presidente del Veneto si presenta sulla terza pagina del Corriere a spiegare che lui, l’AstraZeneca ai giovani non l’ha dato. Lo fa premettendo di non volersi contrapporre ai i colleghi, ma il confronto è inevitabile.
Se non c’è malizia, siamo in presenza di un clamoroso errore di comunicazione.
11 giugno 2021
Galileo ai tempi dei social
Ad aprire la giornata, una frase lapidaria; “AstraZeneca non va demonizzato ma, di certo, non va somministrato agli under 60”. L’ha detto Massimo Galli uno degli esperti televisivi che stimo di più, ma che significa? È pur vero che si tratta della sintesi delle posizioni assunte dal CTS, da AIFA e dal Governo, ma in questo caso la laconicità evidenzia maggiormente la contraddizione che l’eloquio fluente ed erudito di Locatelli era riuscito ad oscurare.
I vaccini a vettore virale sono efficaci e sicuri, o no? Di certo, checché ne dica Galli, pare esserci ben poco, se la discriminante è un dato opinabile (ci siamo raccontati per anni che l’età biologica non sempre corrisponde a quella anagrafica e che ognuno di noi è un caso a sé difficilmente riconducibile a standard predefiniti) non suffragato da attendibili verifiche sperimentali. Le reazioni avverse sono in numero così limitato da non consentire statistiche attendibili. Il criterio seguito è solo prudenziale, dettato dall’emozione più che dalla scienza. Che non ha retto bene l’impatto con il mondo dei media.
Sabato scorso il CTS aveva appena annunciato il cambio di strategia vaccinale che il prof. Crisanti, un’altra star televisiva, ascrivibile alla corrente “catastrofista”, sosteneva l’esatto contrario, con la sicurezza di chi detiene l’esclusiva del sapere. E così mentre il Ministro Speranza proclamava che le indicazioni del Governo stavano per essere formalizzate in atti “perentori” ( sic !) il presidente De Luca gli rispondeva che mai la Campania si sarebbe adeguata. Pare che oggi abbia già mutato proposito, ed è pacifico che le giravolte del creativo “governatore” stupiscano meno delle diatribe fra scienziati, veri o presunti.
Luca Pani, ex direttore dell’AIFA, definisce la scelta operata dai suoi successori “una grave decisione” e “un pericoloso precedente”. Enrico Bucci, virologo di chiara fama, uno dei tanti cervelli emigrati in cerca di fortuna, parla di “impazzimento del CTS e del Governo” che si sarebbero assunti “rischi non ragionati”. Il dibattito fra chi sostiene che il mix vaccinale “eterologo” è pericoloso e chi invece afferma che protegge meglio dei richiami “omologhi” si svolge ormai con intensità e coerenze simili agli scontri dialettici fra tifosi su un qualsiasi rigore assegnato prima dell’avvento del VAR.
Non sarebbe giusto trascurare il contributo di chiarezza portato dei medici che operano sul campo. Silvestro Scotti, segretario della FIMG, il potente sindacato dei Medici di Medicina Generale, chiede le dimissioni della commissione tecnico-scientifica di AIFA e pone il tema della responsabilità. Chi se la assume, il medico, il cittadino, la Regione? Alla logica sindacale si oppone quella dell’Ordine. Il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, rivendica orgogliosamente la competenza del medico curante che non sfugge a doveri e responsabilità.
Per tornare alla scienza, l’EMA che continua a sostenere la validità del vaccino di AstraZeneca, è dovuta intervenire sulle colonne de “La Stampa” per smentire le dichiarazioni di uno dei suoi esperti, Marco Cavaleri, che aveva dichiarato che era meglio vietare AstraZeneca a tutti, tesi non si quanto fondata ma che appare almeno coerente. L’EMA non Condivide e lo scienziato si scusa dicendo di essere stato frainteso. Come un politico qualunque.
A conclusione di questa lunghissima sequenza di polemiche poco scientifiche, un dato di cronaca. “Lancet” ha pubblicato uno studio su 663 volontari che sembra confermare che il mix vaccinale sia addirittura più efficace. Ci sarebbe da dire che il dibattito è chiuso se, ahimè, l’autorevolissima rivista non fosse già incorsa in clamorose leggerezze. Su tutte quella di pubblicare il celebre studio del dott. Wakefield sull’autismo generato dal vaccino antimorbillo. Tempo dopo, Lancet ritirò l’articolo e il poco scrupoloso autore venne radiato dall’ordine dei medici.
L’episodio dovrebbe metterci in guardia. È vero che la scienza procede per approssimazioni successive e che nuove scoperte modificano i saperi precedenti. Ma oggi subiamo il parossismo della comunicazione, che vive nella fretta ed ostacola la riflessione.
Galileo, nel definire il metodo scientifico, dovette scontrarsi con i sapienti del tempo e corse dei rischi addirittura con la Santa Inquisizione. Ma la spuntò. Ai tempi dei social non ce l’avrebbe fatta.
16 giugno 2021