“Mai dire Natale “di Gianni Monchiero
“Qualcuno salvi il Natale” – titolavano ieri, su questa news letter, Giandomenico Nollo e Francesco Pilati l’articolo dedicato alle difficoltà organizzative che inevitabilmente incontrerà la decisione governativa di accelerare le campagne vaccinali: per i sinora renitenti, convinti dalle restrizioni del super green pass, per i bambini dai 5 anni in su e per la massa enorme dei bi-vaccinati in attesa di terza dose, oggi consigliata dopo cinque mesi e non più sei. Un ingorgo di buone intenzioni che non sarà facile districare e tradurre in realtà.
Nulla da dire sul contenuto. Ma è il titolo che merita censura, poiché in palese contrasto con le direttive impartite dalle UE. Non è uno scherzo. Si tratta di un documento formale, di ben 32 pagine, licenziato dalla Commissione UE per l’Uguaglianza, con il titolo “Linee Guida per una comunicazione inclusiva”. Secondo la benemerita Commissione, il principio di inclusività impone sensibilità nuove anche al linguaggio corrente: “bisogna evitare di considerare che chiunque sia cristiano”. Ne consegue che il periodo di festività tradizionalmente associato al Natale deve cambiare nome.
Le nuove linee guida non si fermano li, e i giornali si diffondono in citazioni tra il comico e l’inquietante. Dopo l’ostracismo, da tempo consolidato, alla parola “disabile”, anche “malato” diventa un termine discriminatorio. Con l’impronunciabile “vecchio”, si suggerisce di evitare “anziano” che potrebbe urtare le persone avanti nell’età ma animate da spirito giovanile (istintivamente ringrazio). Sconsigliato anche dire “immigrato”, parola non inclusiva che sottolinea una diversità di provenienza. Da bandire locuzioni apparentemente innocue, tipo “colonizzare Marte”, perché feriscono la memoria dei popoli vittime del colonialismo. Si raccomanda, poi, di sostituire “Miss” e “Mrs” (tramandano una non più accettabile distinzione fra donne sposate e nubili) con il nuovo “Mx” che abbraccerà tutte.
L’inclusività è una cosa seria e non si misura a parole. Come dovrebbe sapere la Presidente Helena Dalli, già Miss Malta (per i concorsi di bellezza, “miss” si potrà ancora usare?) che rappresenta un paese che non ha mai brillato per politiche inclusive. I barconi che si affacciavano a La Valletta venivano dirottati a Lampedusa e non risulta che la Dalli, sottosegretaria e Ministra, se ne sia mai scandalizzata.
Essere inclusiva nei fatti è, per la Comunità Europea, oggettivamente difficile. Africani e asiatici sono pronti a rischiare la vita pur di diventarne cittadini, e non c’è posto per tutti. E anche fra gli europei non mancano sacche di poveri, emarginati, “deprivati” come si usa dire oggi, che richiedono politiche attive e costose affinché venga loro riconosciuta l’eguaglianza nei fatti. Non servono giochi di parole.
A proposito. Il periodo natalizio andrebbe ribattezzato “festività invernali”, locuzione preferibile a “feste di fine anno”. Anche il Capodanno, infatti, non è neutro. Come è noto, se non ci fossero le esigenze della società dei consumi, che tutto ha omologato, nel 2022, i cinesi lo festeggerebbero il 1° febbraio; la maggior parte dei paesi islamici il 30 luglio; gli ebrei il 27 settembre.
Il Capodanno imposto al mondo dall’occidente urta sensibilità antiche. Non si può ignorare che il nostro calendario venne istituito nel 1582, ad opera di Gregorio XIII, un Papa.
1° dicembre 2021