Riflessioni sul voto di Giovanni Monchiero
Mali e cure della politica
Nella settimana delle elezioni – con ogni evidenza destinate a dare al Paese un governo politico
sorretto da ampia maggioranza – Mario Draghi, premier uscente e di certo non rientrante, è stato
insignito in America, a margine di una seduta plenaria dell’ONU, del riconoscimento di “leader
dell’anno”.
Fra i politici nostrani che l’avevano sostenuto per un anno e mezzo e poi fatto improvvisamente
cadere, l’evento ha provocato giramenti di cistifellea e di altri visceri, prontamente e
pubblicamente esibiti secondo il costume corrente. Dichiarazioni umorali: scontate e non
meritevoli di commento.
Trovo, invece, sorprendenti le prese di posizione di alcuni “fondisti” dei quotidiani “liberal” che
Draghi l’avevano invocato e sostenuto. Pur manifestando compiacimento per i successi americani
del nostro Presidente del Consiglio, riprendono il tema della anomalia dei governi “tecnici”, pratica
che non trova analogie in altri paesi democratici e che, di conseguenza, rappresenterebbe un
segno di debolezza del sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione.
Per la verità questa mi pare una malattia tipica della seconda repubblica, non riconducibile alla
genetica costituzionale. Nella prima, quando i rapporti fra i partiti di maggioranza e le correnti di
DC e PSI s’inasprivano al punto di far cadere il governo e di rendere difficoltose le trattative per la
formazione del nuovo, si ricorreva al cosiddetto “governo balneare”. Si stabiliva una tregua e si
chiamava a presiedere il Consiglio dei Ministri una personalità politica prestigiosa per doti
personali ma di secondo piano negli equilibri interni, preferibilmente estranea ai giochi delle
correnti. Una pausa di riflessione che consentiva la ricomposizione dei conflitti e la nascita di un
nuovo governo, rappresentativo di tutte le componenti della maggioranza, in grado di esercitare la
pienezza del mandato politico.
Le ricorrenti crisi di governo – che tanto scandalo suscitano in commentatori e politologi – non
erano una lebbra, se mai dei brufoli. Il quadro politico era caratterizzato da una sostanziale
stabilità, durata quasi mezzo secolo, anche troppo. Fu poi travolto da fattori esterni e trascinò con
sè i vecchi partiti che si dissolsero e cambiarono natura.
La seconda repubblica nasce nel mito dell’alternanza e del maggioritario, che i predetti esperti
considerano la cura per tutti i nostri mali. Le cose, sin da subito, non vanno come sperato. E’ pur
vero che la sera delle elezioni i cittadini hanno il piacere di apprendere chi le ha vinte e,
presumibilmente, sarà chiamato a governare il Paese. Ma la perdita di identità politica delle nuove
formazioni che hanno sostituito i partiti e le incongruenze di sistemi elettorali che favoriscono
coalizioni posticce, non aiuta i vincitori a governare.
Ed è così che, di tanto in tanto, di fronte alla paralisi del sistema, il Presidente della Repubblica si
vede costretto ad affidare la guida del Governo a personalità estranee alla politica. Si inizia con
Ciampi, segue, poco dopo, Dini; il sistema torna alla normalità fisiologica con l’alternanza fra
destra e sinistra, guidate da Berlusconi e Prodi. La transizione verso il nuovo sembra compiuta, ma
nel frattempo i conti pubblici peggiorano fin sull’orlo della bancarotta. Ad evitare all’Italia la fine
della Grecia, viene chiamato Monti, altro “tecnico” di grande fama. Scongiurato il fallimento, si
torna alla politica con governi espressi dalla sinistra con maggioranze traballanti, sostenute da un
manipolo di fuoriusciti. Nella legislatura successiva il gruppo di maggioranza relativa riesce a dar
vita prima a un governo con parte della destra, poi ad uno con il maggior partito di sinistra:
esperienza anomala davvero, unica nella storia delle democrazie occidentali.
Tanta fantasia politica non si accompagna a pari capacità di governo. A salvare ancora una volta il
Paese viene chiamato un supertecnico, di assoluto prestigio internazionale, che ottiene ottimi
risultati ma non riesce a concludere la legislatura: destra e 5stelle, per opposti opportunismi, gli
fanno mancare il loro sostegno.
Da queto rapido riepilogo degli eventi, mi pare che l’anomalia non siano i salvatori, ma i salvati.
L’estinzione dei partiti di massa, ideologici e ramificati nella società, portatori di consenso
autentico; l’avvento di movimenti politici personali che si affidano all’emozione e durano quanto la
fama dei loro leader; i cambiamenti della vita sociale, con l’eclissi delle forme di aggregazione
intermedie; sistemi elettorali in continuo divenire, pensati nell’interesse della maggioranza del
momento; tutti questi fattori hanno progressivamente indebolito il parlamento e di conseguenza il
governo, nel quale hanno assunto responsabilità preminenti, persone sprovviste di competenza ed
esperienza adeguate al compito.
In questo contesto i “tecnici” non sono stati la malattia, ma la cura. Che la nostra Costituzione
fortunatamente consente e della quale abbiamo tutti beneficiato.
Di fronte alla crisi della politica, un sommo editorialista proponeva, qualche giorno fa, più
maggioritario. L’equivalente di curare l’emofilia con i salassi.
23 settembre 2022