“Un’espressione geografica”riflesione di Giovanni Monchiero
Quando nel 2014 la Russia, senza incontrare resistenza, occupò la Crimea, molti europeisti convinti (tra i quali mi iscrivo) ritennero che l’espansionismo del governo di Mosca avrebbe indotto l’unione europea a dotarsi di una forza di difesa comune e che questa necessità avrebbe favorito un processo di progressiva integrazione politica fino alla sospirata federazione.
Da allora l’Inghilterra è tornata al suo isolamento insulare; per ogni dove sono cresciuti partiti nazionalisti, tutti più o meno dichiaratamente antieuropei; di difesa comune si è tornati a parlare dopo l’invasione dell’Ucraina, ma non si sono fatti passi in avanti; le istituzioni sono rimaste quelle che erano e il sentimento europeista si è oggettivamente indebolito. Solo la pandemia ha rinnovato la solidarietà fra gli stati europei con il generoso finanziamento dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza dei paesi più deboli. Poi tutto è tornato come prima.
La guerra in Ucraina sembrava l’occasione giusta per il rilancio dell’unità. La presenza di un nemico alle porte, potente e aggressivo, – pensavamo noi europeisti – costringerà anche i più riottosi a fare fronte comune. E, a parole, così è stato. Tutti a condannare l’invasore e a manifestare vicinanza all’aggredito. Tutti a sostenere la politica delle sanzioni o, quanto meno, ad adeguarsi. Ma quando si è giunti a fare i conti con le conseguenze interne, economiche e sociali, delle sanzioni, ognuno è tornato a pensare per sé. Com’era ovvio, entrare in conflitto, sia pure solo economico, con il nostro principale fornitore di energia comportava l’aumento del costo del gas. La proposta italiana di gestire a livello comunitario il prezzo di questa fondamentale risorsa è stata sino ad oggi osteggiata dai produttori e dai mercanti europei di gas che ci stanno speculando a mani basse. Il fronte dei paesi più industrializzati, e quindi più bisognosi di energia, è stato spezzato dalla Germania che ha deciso di intervenire in proprio per pagare le bollette a imprese e privati cittadini. Alla Germania – per le dimensioni della sua economia – compete il ruolo di paese guida dell’unione. La Merkel lo esercitava con fermezza e discrezione, Scholz alla prima occasione si comporta come un nazionalista qualunque.
Siamo spesso portati a pensare che i pericoli per l’idea di Europa vengano dal tirannello Orban che sta allontanando l’Ungheria dalla connotazione di democrazia moderna per farne una satrapia orientale. Brutto esempio, ma c’è di peggio. Ci sono i mercanti olandesi, alla guida dei paesi cosiddetti “frugali”, che hanno anche la pretesa di predicare la virtù.
Poi ci sono i problemi di fondo, mai affrontati. Lo stato con il Pil pro-capite più alto del mondo è il Lussemburgo con 83.600 €, seguito, in Europa, dall’Irlanda con 60.200. Per rendere l’idea, la Germania è a 36.000, la Francia a 33.300, l’Italia a 29.600. E si tratta di tre paesi fra i sette più industrializzati.
Che cosa hanno fatto Lussemburghesi e Irlandesi per acquisire tanta ricchezza? Hanno potenziato la ricerca, digitalizzato città e campagne, accolto cervelli in fuga, inventato tecnologie a diffusione universale? Niente di tutto questo.
Molto banalmente hanno praticato il “dumping fiscale”, attraendo multinazionali europee ed americane grazie ad una tassazione molto più favorevole di quella dei paesi d’origine. Una politica che non dovrebbe essere tollerata in nessun tipo di unione sovranazionale, ma che nella nostra povera Europa è stata improvvidamente consentita.
C’è da temere che, nella babele di incontrollati egoismi, gli appelli del nostro Presidente del Consiglio – destinato, fra l’altro, a lasciare fra pochi giorni la carica – saranno accolti con grande attenzione formale per restare sostanzialmente disattesi. E non varrà a rafforzare l’unione la proposta di Macron per un allargamento dei confini. Il recente passato non consente ottimismi. L’Europa dei 15 si è progressivamente espansa, ma l’obiettivo di costruire una vera federazione non ne ha tratto giovamento.
Tanta disunione ci porterà non solo ad un inverno al freddo ma a un irreversibile declino. L’Europa – per riesumare una definizione dell’Italia ottocentesca passata alla storia – è solamente un’espressione geografica. Speriamo che a Putin non venga in mente di cancellarla anche dagli atlanti.
7 ottobre 2022