La riflessione del mese di Giovanni Monchiero

ALLARME ROSSO

Il rapporto annuale di CREA Sanità è un appuntamento imperdibile per riflettere sul nostro Servizio
Sanitario Nazionale, che si è sempre caratterizzato per un approccio franco ai problemi, svincolato
sia dai formalismi accademici che dagli umori del momento.
La 18° edizione, presentata a Roma mercoledì, parte dalla fine della fase acuta della pandemia per
dare uno sguardo al futuro. Il Covid ha esaltato la resilienza del sistema nell’affrontare
l’emergenza ma ne ha anche evidenziato le lacune profonde. Il ritorno alla normalità è risultato più
faticoso del previsto e, ancora oggi, non sono state recuperate tutte le prestazioni non urgenti,
accantonate nel biennio 2020-2021. Oscurando i problemi legati alla quotidianità emersi negli anni
precedenti, la pandemia ha suscitato nel sistema energie positive ma ha messo in secondo piano
ogni prospettiva di riforma.
Vorrei ricordare che già la 17° edizione del rapporto aveva evidenziato la distanza fra le soluzioni
proposte dai tecnocrati e le aspettative degli utenti, segno di una carenza di visione complessiva
all’interno del S.S.N. Del resto, come abbiamo più volte evidenziato da queste colonne, la
missione 6 del PNRR tradiva un approccio superficiale e, quel che più conta, non era stata
accompagnata da alcuna azione concreta per adeguare l’organizzazione ai nuovi investimenti.
Il rapporto di quest’anno, analizzata la situazione, pone con forza il problema della sostenibilità.
L’equità, fondamento teorico ed etico di un servizio sanitario di tipo “beveridgiano”, continua a
peggiorare. Il Covid ci ha messo del suo, spingendo gli abbienti a rivolgersi direttamente al privato
per le prestazioni diagnostiche e terapeutiche rinviate nel pubblico, mentre i poveri rinunciavano
alle cure.
Il personale medico, che sui grandi numeri veleggia sulle medie europee, in alcune specialità
presenta vistose carenze. Quello infermieristico richiederebbe assunzioni in numero almeno
doppio rispetto a quanti l’università riesce a formare. Gli uni e gli altri sono retribuiti in misura
piuttosto lontana dai valori medi europei. La famosa efficienza complessiva del nostro S.S.N. si
fonda, in gran parte su questo gap retributivo.
Risolvere entrambi i problemi richiederebbe risorse che il Paese oggi non ha, e che è molto
improbabile possa avere in futuro. Il tema della sostenibilità – un tempo oggetto di soluzioni
fideistiche del tipo “il S.S.N. è sostenibile se noi vogliamo che lo sia” – si presenta in prospettiva
drammatica. Ed impone un serio discorso di riforma.
Non siamo un Paese pronto alle riforme se non gattopardesche. Il mondo della sanità, poi, è
terribilmente complesso, popolato di professionalità specialistiche, molto qualificate ma portatrici
di punti di vista settoriali, spesso inconciliabili. La lamentata mancanza di visione nasce da qui, da
protagonisti innamorati del proprio “particulare” – che non è solo interesse economico, ma
culturale e quindi difendibile – e dall’assenza di un momento che riconduca le diversità a un
denominatore comune. Questa funzione toccherebbe alla politica, ma i tempi della grande riforma
(1978) e della variante “aziendalista” (1992) sono lontani. Da allora la politica ha rinunciato a
migliorare la realtà secondo una propria concezione ideale e preferisce inseguire le richieste che
provengono dalla società nel tentativo di acquisire e mantenere il consenso. Alle riforme si è
sostituito qualche rattoppo, nazionale, regionale e a volte anche locale, e a furia di toppe la sanità
ricorda il costume di Arlecchino.

Come evidenzia il rapporto, non ci sono risorse per soddisfare le pur legittime e apparentemente
fondate, aspettative di tutti. Bisogna cambiare davvero in una vera, complessiva, organica riforma.
Utilizzare le nuove tecnologie consentirà di impostare molte attività in modo radicalmente
diverso, di fare cose nuove e di abbandonare quelle ormai obsolete.
Impossibile rinnovare il sistema se ogni attore pretende di continuare a recitare la parte di prima.
Questo è il postulato del cambiamento.
Il rapporto di CREA sanità ci dice che la riforma ( che si prospetta difficile anche perché nessuna

forza politica la vuole) è semplicemente indifferibile.

27 gennaio 2023