“Parole di giudici “di Giovanni Monchiero
Parole di giudici
L’iniziativa della Procura di Bergamo contro Conte e Fontana, Speranza e Gallera, membri del
Comitato Tecnico Scientifico e di altre istituzioni sanitarie che svolsero un ruolo nei primi mesi
dell’epidemia, ha acceso la miccia dei fuochi di artificio giudiziari.
Passa un paio di giorni e il Tribunale dei Ministri assolve Conte e mezzo governo giallorosso,
pluridenunciati, tempo addietro, dal Codacons e da cittadini innamorati della giustizia, tra i quali
l’avv. Taormina. Qualche ora dopo, gli ex-ministri della Salute Speranza, Grillo e Lorenzin,
vengono rinviati al medesimo tribunale per non aver aggiornato il piano anti-pandemico. Ed è di
stamane la notizia dell’assoluzione, a Torino, dei dirigenti di due RSA chiamati in causa da parenti
di anziani morti di Covid.” Non vi sono elementi documentali per affermare che eventuali e diverse
condotte avrebbero impedito il verificarsi dei contagi occorsi” – affermano i giudici. Esattamente
l’opposto di quel che pensa la Procura di Bergamo.
Per la verità qualche assoluzione di medici e dirigenti di strutture c’era già stata, ma non aveva
avuto grande eco. Sembrava del tutto scontato che l’eccezionalità del caso inducesse i giudici alla
comprensione delle estreme difficoltà in cui si era trovato ad operare il nostro servizio sanitario. Il
processo di Bergamo ribalta la prospettiva e indurrà molti a denunciare carenze nelle cure. Avremo
migliaia di processi, con sentenze opposte. Per gli operatori sanitari coinvolti, più di ogni altra cosa
conterà la buona sorte.
Nessuno può impedire ai magistrati di maturare i propri convincimenti in libertà, ma il susseguirsi
degli eventi conferma l’opinione diffusa che l’amministrazione della giustizia non sia una delle
eccellenze del Paese. Ecco due fatti estemporanei che non inducono all’ottimismo.
A Firenze, l’ex premier Matteo Renzi ha perso, a pochi giorni di distanza, due cause di
diffamazione, ritenute infondate anche là ove il ricorrente lamentava che, in un dibattito televisivo,
un interlocutore gli aveva esposto la sua effige su di un rotolo di carta igienica. “Esercizio del
diritto di satira” – ha stabilito il giudice. Mentre, nella motivazione dell’altra sentenza, ha ritenuto
che si trattasse di “iniziativa volta ad usare il tribunale come un bancomat, cui attingere per il
proprio sostentamento”. Parole ben più offensive di quelle oggetto della causa.
Ma c’è di peggio. Il Gip di Crotone, Michele Ciociola, nel convalidare il fermo di due presunti
scafisti si è lanciato in una prosa sconcertante, forse aulica nelle intenzioni ma, nei risultati,
grottesca.
“In attesa dell’atteso e osannato turismo croceristico, l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici
viaggi alla volta di Crotone e dintorni”. Questo l’incipit, dal tono non proprio adatto ad un
naufragio che ha provocato più di 70 vittime. Per recuperare pathos, poche righe più avanti “lungi
dall’ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell’ultima mareggiata
pitagorica, si accinge a vagliare l’ultimo fermo” e conclude, grazie al “proprio crinale
esperienziale”, che “ per l’eco del conflitto ucraino è venuta meno la manovalanza russofona e,
negli ultimi mesi, gli aurighi dei natanti sono quasi esclusivamente di nazionalità turca”.
Se in un tema in classe in quarta ginnasio avessi scritto “in attesa dell’atteso” o invocato il mio
“crinale esperienziale” la professoressa di italiano me lo avrebbe sottolineato con tre o quattro
rigacce rosse. Se mi fossi eretto “alla Cassandra di turno” la preposizione articolata sarebbe stata
segnata in blu, così come la “mareggiata pitagorica” cui avrebbe aggiunto, sempre in blu, un vistoso
punto interrogativo, poiché l’aggettivo si riferisce alla scuola e agli insegnamenti di Pitagora e, per
estensione, si usa nel significato di “parco, misurato, frugale, logico,rigido”, attributi che mal si
addicono alle onde del mare in tempesta. Né miglior sorte sarebbe toccata agli “aurighi del mare”.
Avrei certamente preso un bel 4, il voto minimo utilizzato per i componimenti in italiano.
Non escludo che il tono generale le sarebbe parso irriguardoso e ne avrebbe parlato con il Preside,
che mi avrebbe convocato per una bella ramanzina. Al termine della quale, se si fosse convinto
della mia innocenza, che non avevo intenzione di irridere né l’insegnante, né la scuola, e che quelle
erano le mie naturali capacità di espressione, avrebbe consigliato a mio padre di trasferirmi in un
altro istituto. Queste cose accadevano nel caro, piccolo e austero liceo classico di Alba nei primi
anni ’60.
Oggi, il 4 diventerebbe magari un 2, ma finirebbe tutto li. Per tornare ai magistrati, non corrono
nemmeno il rischio di un brutto voto: non c’è nessuna autorità cui sia lecito coltivare il dubbio che
parole tanto inappropriate siano il frutto di una mente confusa.
E molti continuano a sperare che il miglioramento della giustizia passi attraverso la separazione
delle carriere.
10 marzo 2023