Riflessione sullo stato dell’arte del Governo e I Cittadini: di Giovanni Monchiero
La luna di Miele
Fratelli d’Italia
La luna di miele tra governo e paese è durata un anno e sembra destinata a continuare. È un dato
anomalo. Di solito l’apprezzamento per i nuovi governanti non va oltre i classici cento giorni, poi si
fa strada l’insoddisfazione con seguito di malumori e critiche. Il fatto che oggi non sia così fa
pensare ad una svolta epocale.
In effetti è stupefacente che tutti, maggioranza ed opposizione, critici di professione ed agnostici,
non nascondano la propria ammirazione per la Presidente del Consiglio perché grazie a Dio e ad un
innato fiuto politico, non fa quello che aveva sempre proclamato. Paradosso possibile solo nell’era
delle parole libere e vane, in un paese dove venir meno alla parola è da furbi.
E anche sui fatti concreti non mancherebbero occasioni di critica. Lampedusa è presa d’assalto da
turbe di migranti. Certo non è colpa del governo, ma come non ricordare quel che Salvini e Meloni,
dai banchi dell’opposizione, dicevano dei ministri dell’epoca, quando gli sbarchi erano meno della
metà? Allora la maggioranza dell’opinione pubblica stava con la minoranza parlamentare, oggi che
la situazione è peggiorata sta con il governo.
Anche la grande stampa di informazione indipendente, ridotta al Corriere della Sera e a qualche
piccolo giornale di opinione, tradizionalmente filogovernativa ma portata ad interpretare il ruolo di
coscienza critica del paese, lesina le polemiche. Mi ha colpito un corsivo di Gramellini, maestro
indiscusso del genere, dedicato alla carriera politica di Arianna Meloni, che si limitava ad un
bonario rimbrotto per il tono vittimistico usato dalla Premier nell’assumerne la difesa, sorvolando
sulla sostanza: un clamoroso caso di familismo politico.
Già, perché la nomina della sorella a capo della segreteria del partito fa seguito a quella del cognato
a Ministro dell’Agricoltura, delle Foreste e della Sovranità Alimentare, concetto piuttosto
stravagante in un paese che compra all’estero il grano, la carne, la frutta e persino i pomodori. Per
trovare di peggio bisogna risalire a quell’imperatore romano che nominò senatore il proprio cavallo.
Non si fidava dei parenti.
L’opinione pubblica ha in gran parte condiviso la definizione delle imposte come “pizzo di Stato”
(in bocca al Primo Ministro suona davvero male) e si è schierata apertamente con Lei nella
polemica contro il Commissario europeo Gentiloni, reo di non fare gli interessi dell’Italia in quanto
non disposto ad avallare conti che non tornano e dichiarazioni non rispondenti alla realtà. Se si
esclude una tiepida difesa d’ufficio da parte del PD, nessuno si è schierato con Gentiloni, per le
moltitudini un traditore.
La demagogia patriottica c’entra solo in parte. Molto più rilevante un radicato atteggiamento
culturale che valuta il favoritismo verso gli amici – nel caso i connazionali – alla stregua di un
dovere. Non si limita a tollerarlo come innocente malcostume, lo esalta come gesto di coerenza e di
coraggio e pretende di esserne beneficiato.
L’avversione alle tasse e a qualsiasi dovere verso la comunità, il vittimismo, prima difesa di fronte
ad ogni contestazione, il familismo che sopravvive alla famiglia, il favoritismo da parte degli amici
vissuto come un diritto, sono caratteri costituenti dell’italianità. In queste cose siamo molto più
fratelli che in politica o nell’inno che tutti ci unisce.
29 settembre 2023