Livolsi: “La Manovra e le banche? Il problema non è tassarle, ma favorirne la crescita”
“Da loro può arrivare sostegno al territorio e sicurezza dei depositi”. La riflessione di Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire
ROMA- “A seguito del via libera alla Legge di bilancio 2025, dato dal Consiglio dei ministri del 15 ottobre (manovra da 30 miliardi), la questione della tassazione degli extraprofitti delle banche, promossa dal ministro del Mef, Giancarlo Giorgetti, è stata ridimensionata. Le tensioni all’interno della maggioranza di Governo, rappresentate dallo scontro tra i due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, si sono placate. Ora, non si parla più di tassazione, ma di un contributo di solidarietà (3,5 miliardi) da parte delle maggiori banche e compagnie di assicurazioni”. E’ il tema affrontato da Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A., nel nuovo appuntamento della sua rubrica con l’agenzia Dire, curata da Angelica Bianco.
“Da liberale- spiega- sono contrario alla tassazione degli istituti di credito. Tuttavia, il punto non è tanto se tassare o meno le banche, quanto comprendere quali siano i veri problemi. Il primo, che affligge il sistema bancario italiano, come dimostrato anche dal recente caso Unicredit-Commerzbank, è la dimensione delle nostre banche (e di quelle europee). L’Italia, pur essendo parte della terza economia mondiale, non vede nessun suo istituto tra i primi dieci al mondo per valore di mercato. La classifica è dominata da banche americane, cinesi, canadesi e indiane. Anche allargando lo sguardo alle prime venticinque, non compaiono banche italiane o dell’area euro. Anche la Germania non ha banche che possano competere a livello globale. Deutsche Bank, il suo principale istituto, vale la metà delle maggiori banche italiane o di altre europee, come Santander o Bnp Paribas. Lo ha sottolineato anche Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività dell’Unione Europea. La frammentazione del sistema bancario europeo limita la capacità di crescere e di finanziare investimenti strategici, specialmente in settori tecnologici”.
“Cionondimeno- continua- non è solo una questione di entità. Le banche devono avere una responsabilità sociale, come nella migliore tradizione economica dell’Italia repubblicana. Devono finanziare le imprese, sostenere il territorio, contribuire allo sviluppo del tessuto produttivo. Questo ruolo cruciale deve essere agevolato da un quadro normativo che permetta loro di agire con efficacia, senza però soffocarle con eccessiva pressione fiscale o burocratica. Per permettere alle banche di essere un vero motore di sviluppo, è essenziale un contesto legislativo che favorisca la crescita e la solidità degli istituti di credito”.
“Infine, non possiamo trascurare il problema della sicurezza, che deve essere una priorità assoluta per il sistema bancario. Il recente scandalo che ha coinvolto Intesa Sanpaolo, il più importante istituto di credito del Paese, ne è un esempio. Il caso di Vincenzo Coviello, l’ex dipendente che ha consultato i conti correnti di migliaia di clienti – tra cui quelli della premier di Giorgia Meloni, diversi politici di alto profilo e figure del mondo dello spettacolo – dimostra quanto siano vulnerabili i sistemi di controllo interni. La fiducia nel sistema bancario- conclude Livolsi- dipende anche da questi aspetti, e le banche italiane devono essere all’altezza di questa sfida”.