Riflessione di Aprile di Giovanni Monchiero

Verità l’è morta

 Partirei dalla famosa cortina fumogena stesa da Giuseppe Conte sulle sue preferenze nella sfida Le Pen – Macron, che pure tiene col fiato sospeso l’Europa.

Lo so che sull’ex primo ministro, detentore del record italiano di due mandati con due maggioranze opposte, si addensano nubi di tempesta per la strana gestione dei rapporti con Trump e Putin, vicende sulla quale il Copasir (contraddicendo consolidata prassi, Conte si era tenuto la delega ai “servizi”) gli avrebbe pure offerto copertura. Si tratta di fatti apparentemente più gravi, di cui però non so nulla.

La dichiarazione sulle elezioni francesi, resa nel salotto della Gruber, l’abbiamo, invece, sentita in molti e successivamente letta tutti, in mille commenti, citazioni, critiche, difese d’ufficio. Potrebbe apparire innocuo opportunismo. Sono parole certamente di comodo, ma non innocue.

Intanto, perché le ha pronunciate il leader del partito di maggioranza relativa. All’inizio della legislatura contava un terzo dei parlamentari, poi ridotti in seguito a una diffusa diaspora ma senza perdere il primato. Il Movimento 5 stelle era anche il partito dell’uno vale uno, ove però, sin dall’origine, c’era un super-uno che contava per tutti. Conte è riuscito, almeno dal punto di vista formale, a prenderne il posto, con il suo consenso. Impresa non da poco, anche se, di tanto in tanto, il super-uno scende a Roma a dare le dritte.

Conte, almeno per il posto che occupa, è uno dei leader politici più importanti del paese. Si dichiara democratico ed europeista, eppure non riesce a distinguere fra Macron e Le Pen.

Il cerchiobottismo non è nuovo in politica. In questi giorni hanno fatto scalpore le posizioni, con successive correzioni ed integrazioni, del Presidente dell’Anpi che, alla vigilia della Festa della Liberazione, è riuscito ad apparire “putiniano”, per poi correggersi in pacifista disarmato e infine riposizionarsi nella più confortevole terzietà. Bella contraddizione per il rappresentante dei Partigiani; ma a sua giustificazione va detto che Pagliarulo è nato a Bari nel dopoguerra: della Resistenza gli hanno parlato dopo, nella sede del partito.

Il cerchiobottismo, dicevo, appartiene alla storia della politica, ma oggi si è trasfigurato in un fenomeno più complesso, diffuso in tutta la società. Non si tratta soltanto non voler prendere posizione per non urtare la sensibilità altrui. L’uomo occidentale del XXI secolo non prende posizione perché una posizione non ce l’ha. È incapace di giudicare, semplicemente perché non crede in nulla.

Tramontate le ideologie, ridotta la religione a sparute testimonianze,  offuscati principi e regole della convivenza civile, il cittadino delle cosiddette società evolute è condannato al relativismo, alla non percezione della verità.

È molto più informato. Ogni giorno lo assale un’orda di notizie, dai media tradizionali, da internet, dai social. Ma la notizia è una merce che si vende. Su questo mercato, il parametro di qualità non è la veridicità ma la capacità di attrarre attenzione.

La notizia risponde alle leggi dello spettacolo. È diventata essa stessa spettacolo. Ogni giorno, nella nostra piccola Italia, assistiamo sui canali nazionali di radio e TV a decine di dibattiti sulla guerra in Ucraina, così come era ieri accaduto per virus e vaccini. Costano meno e fanno più audience di un vecchio film.

Lo spettacolo esige il contraddittorio: più è esasperato, più suscita attenzione. E allora, accanto allo scienziato si schiera il negazionista; a chi difende l’aggredito si oppone chi sposa le ragioni dell’aggressore. Una rappresentazione scenica precostruita, in cui tutti partecipano in colpevole consapevolezza.    

Dall’assunto – democraticamente ineccepibile – della legittimità di ogni opinione, nella confusione delle voci e nella assenza di principi di riferimento, nasce l’idea che tutte siano anche egualmente vere.

Accade così che Conte possa apparire uno statista e Pagliarulo un resistente.

 

 

22 aprile 2022