Blockchain: nel 2018 si smarcherà dal legame (negativo) con i bitcoin ed entrerà in nuovi settori. Per esempio certificare le notizie

Business Insider 

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“Nell’agosto del 1964Paul Baran, un ricercatore della Rand, agenzia governativa di ricerca, pubblicò un lavoro che è alla base del funzionamento di Internet. L’uovo di Colombo fu la rete distribuita, alternativa più efficace della rete centralizzata utilizzata fino a quel momento nelle comunicazioni militari.

 

La caratteristica principale della rete distribuita è che non c’è un centralizzatore delle informazioni circolanti, tutti i nodi della rete hanno gli stessi privilegi. Oggi, a distanza di più di cinquant’anni, il concetto di rete distribuita non solo continua a essere il cardine su cui si basa la comunicazione sul Web ma è stata alla base del peer-to-peer delle piattaforme di contenuti multimediali ed è alla base della tecnologia blockchain.

In questo articolo abbiamo chiarito i concetti base della tecnologia blockchain e abbiamo capito come sfatare diversi miti che, suo malgrado, la accompagnano.

Blockchain non è (solo) Bitcoin, nonostante la tecnologia sia diventata famosa perché è accostata alla moneta virtuale più discussa degli ultimi tempi, ed è profondamente errato considerarla poco sicura solo per questo.

La sicurezza è uno dei cardini della tecnologia blockchain – spiega Fabrizio Milano D’Aragona, cofondatore e partner di 3rdPLACE, realtà italiana che, partendo dall’analisi dei dati, aiuta le aziende clienti nel proprio percorso verso la Digital Transformation –. L’idea alla base è proprio di garantire un sistema di gestione delle transazioni altamente affidabile che sia immune da manipolazioni di una qualsiasi regia”.

L’interesse delle aziende italiane per il blockchain

Il manager di 3rdPLACE è profondamente convinto che la blockchain si rivelerà vincente in numerosi settori, e non solo nell’ambito finanziario, e anche che l’interesse dei clienti italiani sia crescendo esponenzialmente:

“Nei nostri colloqui con le aziende – prosegue Milano D’Aragona – sempre più spesso salta fuori l’argomento blockchain. C’è molta curiosità, anche se magari il cliente è all’inizio del proprio percorso di innovazione e non ha ancora compreso i benefici di una tecnologia consolidata come il Cloud Computing”.

Il 2018 sarà l’anno in cui si presenterà l’occasione per la blockchain di smarcarsi dall’aura negativa che l’ha investita, anche grazie a delle iniziative importanti come l’introduzione della soluzione Oracle Blockchain Cloud Service. Il colosso americano l’agosto scorso ha aderito al progetto open source Hyperledger Fabric, una blockchain supportata da diverse aziende It americane tra cui Ibm, che si definisce addirittura “leader nel mercato della blockchain”.

Mercato che, secondo una nota ricerca di UBS, in dieci anni potrebbe contribuire fino a 400 miliardi di dollari al valore globale dell’economia.”

La blockchain è sicura per definizione, o no?

Hyperledger Fabric ha una caratteristica che la differenzia, per esempio, da Ethereum, altra blockchain molto nota. Ed è proprio l’attenzione alla sicurezza dei dati che circolano all’interno della piattaforma.

Semplificando, una blockchain garantisce la sicurezza dei dati se, per esempio, si struttura come “privata”, ovvero non aperta a chiunque.

Non solo, c’è anche da specificare che all’interno di una blockchain costruita per esempio per la certificazione di dati sanitari o di atti notarili, in verità ciò che circola non sono i documenti ma degli “indici” che attestano la variazione dei documenti stessi che rimangono ben protetti all’interno degli archivi.

Detto questo, come ogni sistema informatico a cui hanno accesso gli uomini, la garanzia di massima sicurezza non esiste. Inoltre, il fatto che i big dell’informatica mondiale abbiano aderito al progetto Hyperledger Fabric non implica automaticamente che possano controllarla: il loro ruolo è di contribuire allo sviluppo, di promuoverla e, ovviamente, di usarla.

La blockchain è utile a un intero mercato, non solo a un’azienda

Chiarito che il paradigma blockchain è nato per superare i limiti di una architettura centralizzata come un database – prosegue Milano D’Aragona – con i nostri clienti insistiamo sul fatto che questa tecnologia, per qualsiasi finalità si usi, per dimostrarsi vincente ha bisogno del contributo di tutti gli attori che decidono di usarla”.

Il concetto di partecipazione attiva richiama l’analogia con la tecnologia peer-to-peer diventata nota grazie a Napster ma oggi utilizzata nei campi più svariati. Senza il contributo attivo di milioni di utenti che condividevano la loro libreria musicale, Napster non avrebbe mai raggiunto quella popolarità.

Per sgombrare il campo da ogni obiezione circa un eventuale ‘controllore’ – prosegue il manager – è fondamentale che un progetto basato su blockchain coinvolga un intero mercato e non certo una singola azienda, per esempio attraverso una forma consortile. In questo modo si definirebbe precisamente il ruolo di ciascuno degli aderenti, distinguendo chi mette a disposizione la piattaforma dagli utilizzatori attivi”.

“Ciò che non deve succedere è che non si crei un’asimmetria tra chi genera i blocchi e chi ne usufruisce: il rapporto deve essere paritario”.

Oggi esistono già esempi di utilizzo di blockchain in settori diversi dalla finanzaAscribe garantisce il tracciamento delle opere artisticheWarranteer autentica la garanzia di un prodotto nel mercato del retailFilament applica la blockchain per un dialogo sicuro tra dispositivi IoT.

“3rdPLACE, in particolare – afferma Milano D’Aragona– trova interessante l’utilizzo della tecnologia blockchain in diversi ambiti. Per esempio nell’informazione, nella pubblicità e nei Big Data. Pensiamo a quanto potrebbe essere utile un sistema di certificazione delle notizie o una blockchain per i moderni sistemi di gestione della pubblicità digitale e, infine, per lo scambio dei dati raccolti dalle aziende, ovviamente con il consenso degli utenti”.