Solo noi.Oggi intitola così la sua riflesisone GIovanni Monchiero

 

Dopo l’incidente di Roma, costato la vita ad un bambino, provocato da youtuber che filmavano le
loro scorribande automobilistiche ricavandone popolarità e soldi, il governo ha deciso di modificare
il Codice della Strada, incrementando divieti ed inasprendo pene.
Lo annuncia solennemente la radio mentre percorro a Torino una via del centro, in alternativa a
quella abituale chiusa da un cantiere. Sta facendo notte, la strada è stretta, a doppio senso di
circolazione, con erti dissuasori che scoraggiano ad invadere, anche per un istante, la corsia
opposta. Ho davanti una bicicletta con seggiolino, senza luci, condotta, suppongo, da una giovane
mamma che per evitare le ruote del tram si tiene in centro. Approfitto di uno slargo per effettuare
finalmente il soprasso. Qualche centinaio di metri più avanti la via si immette su di un corso di
scorrimento che mi ricondurrà sulla strada di casa. Al semaforo, rosso, vengo sorpassato a destra
dalla ciclista di prima che, gettato un rapido sguardo, attraversa la carreggiata e si porta nell’aiuola
centrale, ampia ed alberata. Altro sguardo e, senza attendere il verde, raggiunge la via di fronte.
Sul corso le auto sfrecciano veloci, le foglie dei platani limitano l’illuminazione pubblica. Perché
assumere un rischio simile? Incoscienza, ricerca del brivido, incuranza degli altri, pulsioni
autolesioniste, una qualunque delle pieghe dell’anima, oggi stropicciata? Decisione, comunque,
non influenzata dal codice. Del resto, attraversare col rosso è vietato dal giorno in cui sono stati
installati i primi semafori.
Non ci mancano le leggi, ne abbiamo dieci volte la Germania. Ammoniva Tacito che uno stato con
troppe leggi è uno stato corrotto. Un più recente luogo comune afferma che in Italia le leggi sono
fatte per essere ignorate. In un caso come nell’altro, aggiungerne di nuove servirà a ben poco.
Nel 2016 è stato introdotto nel nostro ordinamento il reato di ”omicidio stradale”. I giovani
dell’incidente di Casal Palocco avevano assunto alcool e droghe, si sono soffermati a filmare l’auto
investita, senza prestare soccorso, ed hanno continuato a trasmettere le fasi successive della bravata,
eppure, a nove giorni dal fatto, non sono ancora stati arrestati. La giustizia di questo mondo è
spesso imperscrutabile.
Proporre, ad un pubblico di malati di noia, 50 ore ininterrotte di guida ad alta velocità pone molti
problemi che riguardano l’etica e la psiche. Ai quali aggiungo una difficoltà pratica. Come si fa a
sfrecciare per due giorni per le strade di Roma, sempre affollatissime, senza essere fermati da una
pattuglia di vigili urbani, polizia o carabinieri? Non giustifico i bulli. Non dico che, se uno va a
rubare, la colpa è di chi non glielo impedisce. Però i dubbi sulla reale applicazione delle leggi e,
quindi, sulla loro efficacia, si ingigantiscono
Torniamo ai comportamenti antisociali, sempre più frequenti, sempre più annegati in un mare di
giustificazioni. La famiglia dello studente di Abbiategrasso, bocciato per avere accoltellato la
professoressa, ha fatto ricorso al TAR per rimediare all’ingiustizia. La fiducia dell’avvocato,
sbandierata in tv, e la scelta dei genitori troppo amorevoli, hanno suscitato scandalo.
Così come il caso, opposto, di Rovigo. Uno studente, con una pistola ad aria compressa, aveva
sparato più colpi all’insegnante ferendola seriamente ad un occhio. A conclusione di un proficuo
anno scolastico, l’autore della bravata e l’amico che l’ha ripresa e trasmessa sui social sono stati
gratificati di un 9 in condotta, felicemente promossi. Che cosa può aver indotto quei docenti a tanta
magnanimità? Malanimo verso la collega; comprensione per il disagio giovanile sotteso al gesto
violento; timore di apparire repressivi o, magari, la volontà di evitare un ricorso al TAR? Il Ministro

ha aperto una indagine conoscitiva e si è detto preoccupato “per il messaggio diseducativo che ne
può derivare”. Difficile immaginare un burocratese più cauto.
Tutti questi episodi sono riconducibili al male che corrode la nostra società: l’individualismo
disperato che nasce dalla solitudine; si alimenta dei diritti che attribuiamo all’io, misura di tutte le
cose; ci spinge ad ignorare gli altri , ad irridere i principii posti a fondamento della convivenza
civile, a sfidare le regole per una praticabile affermazione di sé.
Ad aggravare la situazione, la risposta delle istituzioni: debole, contradditoria, inutile. Rendere più
severe le leggi serve solo a dare immediato riscontro all’emozione diffusa, forse a procurare un
momentaneo consenso al legislatore. Poi tutto torna come prima. Tutti torniamo ad essere, per
ognuno di noi, l’unica cosa che conta.

23 giugno 2023